Il recupero muscolare rappresenta un elemento fondamentale nell’ambito della massimizzazione della performance, soprattutto nell’atleta di alto profilo prestativo. Negli ultimi tempi, siamo stati testimoni di un notevole progresso per ciò che riguarda la metodologia dei sistemi di allenamento nelle varie discipline sportive; tuttavia, nel contempo, le modalità di recupero non si sono evolute di pari passo e, paradossalmente, sovente è l’atleta stesso che, in prima persona, si “autogestisce” in tal senso, fattore che, come logica conseguenza, comporta un non sottovalutabile rischio d’incorrere nel fenomeno dell’over-reaching od addirittura di sfociare in un franco over-training (Mackinnon et Hooper, 1991). Il riposo, infatti, deve necessariamente essere considerato, a tutti gli effetti, come un importante “mezzo di allenamento” che consente all’atleta di sopportare ed assorbire fisiologicamente i carichi di lavoro proposti all’interno del processo di pianificazione dell’allenamento.
Da qualche anno, si è fatta strada l’idea che possano essere messe in atto delle apposite strategie, grazie alle quali sia possibile accelerare i processi di recupero; tra questi mezzi, che potremmo definire con il termine di “metodiche di recupero accelerato”, possiamo ricordare la terapia basata sull’immersione in acqua a diverse temperature, l’ossigenazione iperbarica, i metodi d’accelerazione del ritorno venoso e l’elettrostimolazione (Calder, 1996). è universalmente noto che l’esercizio fisico induce, al di là del ben conosciuto fenomeno del DOMS (Delayed Onset Muscle Soreness) – che rappresenta comunque una ben precisa realtà fisiologica a sé stante (Bisciotti ed Eirale, 2012) -, delle perturbazioni dell’omeostasi delle cellule muscolari e /o dei fenomeni d’infiammazione locale (Ispirlidis et coll., 2008; Bisciotti ed Eirale, 2012). Occorre comunque sottolineare il fatto che tale situazione, iscrivibile ad un fenomeno di affaticamento a seguito di un’intensa richiesta funzionale, rimane ben distinta dal DOMS, nel quale i fenomeni di perturbazione omeostatica delle cellule ed i conseguenti processi infiammatori appaiono di ben più ampia portata (Bisciotti e Eirale, 2012). Nel fenomeno del semplice affaticamento post-esercizio (APE), si può assistere solamente ad un incremento dei livelli ematici di creatinkinasi (CK) e di lattico deidrogenasi (LDH), quale risposta sia all’aumentata permeabilità della membrana plasmatica, sia all’aumento della vascolarizzazione intramuscolare (Cannon e coll., 1990).
Pertanto, sia i livelli post-esercizio di CK che quelli di LHD possono essere, a giusta ragione, assunti come validi markers fisiologici dello stato di fatica dell’atleta. (Brancaccio e coll., 2008). In considerazione di quanto sopra esposto, appare non privo di razionale scientifico di applicazione, e quindi ragionevole, proporre tutta una serie di metodi il cui scopo sia quello di accelerare il ripristino dell’omeostasi cellulare, basandosi sia su di un miglioramento della circolazione periferica, che su di un’ottimizzazione del ritorno venoso e della clearance dei markers della fatica muscolare. Tra tutti i metodi proposti, quelli di maggior razionalità ci sembrano le metodologie basate sull’applicazione di stimoli meccanici, rappresentati da compressioni di debole entità, a livello degli arti inferiori.
In effetti, i movimenti ritmici di contrazione e rilassamento della muscolatura degli arti inferiori, soprattutto a carico della muscolatura del soleo e del gastrocnemio, producono un’attivazione della pompa venosa, grazie ad un aumento del debito sanguigno che facilita in tal modo il ritorno venoso1, riducendo contestualmente il volume intracellulare
ed aumentando l’eliminazione dei metaboliti. Questo stesso principio è sostanzialmente applicabile attraverso tre differenti tecniche:
- l’immersione che, grazie alla pressione idrostatica,stimola la pompa venosa muscolare;
- l’immersione alternata in acqua calda e fredda, che unisce ai vantaggi della semplice immersione, un ulteriore stimolo della pompa venosa, grazie al fenomeno di vasodilatazione indotto dall’acqua calda ed a quello di vasocostrizione derivante dall’immersione in acqua fredda;
- l’elettrostimolazione a bassa frequenza, di cui esamineremo in seguito i dettagli tecnico/applicativi.