Lussazione o sublussazione di spalla

Per sublussazione e lussazione di spalla s’intende, rispettivamente, la fuoriuscita parziale o totale della testa omerale dal suo alloggiamento anatomico rappresentato dalla cavità glenoidea. La fuoriuscita della testa omerale comporta un danno irreversibile delle strutture che sono anatomicamente preposte a mantenere la testa omerale in sede, ossia il cercine ed i legamenti. Una possibile conseguenza è rappresentata dal fatto che, durante i movimenti di elevazione ed extrarotazione del braccio, la testa omerale divenga “instabile” (ossia possa compiere movimenti al di là della sua normale articolarità). La testa omerale fuoriesce nella maggior parte dei casi anteriormente ( si parla in tal caso di lussazione anteriore).

Complicazioni

Le complicazioni più frequenti a seguito di una lussazione di spalla sono:

  1. L’instabilità articolare;
  2. La rottura dei tendini della cuffia dei rotatori;
  3. La lesione del nervo ascellare ed il conseguente deficit muscolare del muscolo deltoide con anestesia della regione laterale della spalla.

Trattamento

Nel caso in cui non avvenga una riduzione spontanea, quest’ultima deve essere eseguita da uno specialista ortopedico. Una volta effettuata la riduzione la spalla viene immobilizzata con una fasciatura od un tutore per un periodo compreso tra le 2 e le 4 settimane. L’eventuale possibilità di una seconda lussazione dipende da molteplici fattori quali:

  1. L’età del paziente;
  2. La causa della prima lussazione (lussazione traumatica o a-traumatica);
  3. L’attività lavorativa o sportiva svolta dal paziente.

Se ad esempio la prima lussazione si verifica nell’adolescenza, la possibilità che la lussazione recidivi è superiore al 90% mentre, al contrario, un paziente ultrasessantenne ha solamente circa il 20% di possibilità di lussarsi nuovamente. Inoltre, la recidiva è più frequente nei casi in cui la prima lussazione sia stata di tipo a-traumatico.

Al presentarsi di una seconda lussazione occorre considerare l’ipotesi di trattamento chirurgico nei seguenti casi:

  1. Dopo il 1° episodio di lussazione in adolescenti che hanno avuto una lussazione traumatica;
  2. In pazienti di età compresa tra 20 e 30 anni, dopo il 2° o 3° episodio di lussazione traumatica se svolgono attività lavorativa o sportiva a rischio, oppure nel caso in cui gli esami strumentali (rx e, artroRM o TAC PICO) mostrino delle alterazioni anatomiche tali da comportare una prognosi sfavorevole (lesione legamentosa, rottura o assenza del cercine, lesione di Hill Sachs);
  3. Indipendentemente dall’età del paziente e dal numero di lussazioni subite, nel momento in cui divengano evidenti dei sintomi legati all’instabilità, come dolore e sensazione di imminente lussazione nei movimenti di sollevamento laterale e di extrarotazione.

Nel caso di lussazione traumatica, l’intervento chirurgico è rivolto al reinserimento del cercine glenoideo alla superficie ossea ed al ripristino di una corretta tensione della capsula (plastica di ritensione) e dei legamenti gleno-omerali. Tale procedura può essere effettuata in artroscopia. L’intervento chirurgico differisce nel caso di lussazioni a-traumatiche. In questo caso non vengono impiegate ancorine (come nel caso precedentemente descritto di lussazione traumatica) ma si eseguono delle plicature della capsula articolare. In caso di gravi perdite ossee (omerali o glenoidee: lesioni di Hill Sachs e di McLaughlin) viene eseguito un intervento a cielo aperto (Latarjet) che consiste nel trasferire la coracoide ed i tendini su di essa inseriti sul collo della scapola.
Dopo un intervento a “cielo aperto” od artroscopico, l’arto viene immobilizzato per un periodo di circa 4 settimane, a cui segue un intenso periodo riabilitativo di circa 3-4 mesi, durante il quale possono essere svolte le normali attività quotidiane, ma non il sollevamento di pesi od i movimenti di extrarotazione. Un’attività lavorativa di tipo sedentario può essere ripresa dopo 8 settimane dall’intervento. Le attività di tipo manuale non possono essere riprese invece prima di 3-4 mesi, evitando comunque il sollevamento di pesi ed i movimenti bruschi di extrarotazione. L’attività sportiva, soprattutto se quest’ultima prevede movimenti di lancio, il contatto fisico o l’utilizzo di racchette, non può essere praticata prima del 6° – 7° mese. In seguito a trattamento chirurgico circa il 90% dei pazienti ottiene risultati eccellenti o buoni. Dopo trattamento artroscopico la percentuale di recidiva è compresa, secondo i vari studi, in una percentuale che va dal 10% al 30%.