Lesione degli hamstring

Hamstring è il nome collettivo con il quale nella terminologia anglosassone si definiscono i muscoli flessori della coscia, ossia il m. bicipite femorale, il m. semimembranoso ed il m. semitendinoso. L’alta incidenza delle lesioni a livello degli hamstring in ambito sportivo è più che ampiamente documentata. Tra le attività sportive considerate a rischio possiamo ricordare il football Australiano il rugby,  ed il calcio. La severità di tali lesioni va dal semplice  DOMS (delayed onset muscle soreness) sino alla rottura muscolare completa. Il denominatore comune di rischio di tali attività sportive potrebbe essere l’alta velocità di corsa richiesta durante il gioco, nonché gli arresti improvvisi, le ripartenze ed i repentini cambi di direzione. Le lesioni agli hamstring possono essere spesso drammatiche per la carriera sportiva di un atleta, causando prolungate assenze dalle competizioni nonché un alto rateo di rischio di recidiva. La percentuale di recidiva di lesione degli hamstring può raggiungere secondo alcuni Autori percentuali elevatissime, pari al 30% con un picco di rischio nelle prime tre settimane di ripresa dell’attività sportiva. L’alta percentuale di recidive è spiegabile attraverso il fatto che, mancando dei criteri obiettivi di giudizio, diviene difficile stabilire l’avvenuta completa guarigione evitando, in tal modo, un prematuro e rischioso ritorno all’attività sportiva. A questo proposito uno studio di Connell e coll. (2004) ha mostrato come in giocatori di football Australiano incorsi in una lesione a livello degli hamstring, gli esiti non stabilizzati di tale lesione fossero ancora evidenti, tramite RM, nel 36% dei soggetti a 6 settimane dall’evento lesivo. Tuttavia, vista la complessità del problema è anche ragionevole poter pensare che i criteri da adottare per il ritorno all’attività sportiva possano essere diversi ed altamente  specifici per ogni disciplina considerata. Alcuni studi indicherebbero come sia la dislocazione anatomica delle lesione rivestano, nell’ambito delle lesioni degli hamstring, dei validi indicatori predittivi del tempo necessario per il ritorno allo stesso livello prestativo pre-lesionale. Importanti e dettagliate informazioni in tal senso possono essere desunte dalle immagini di RM od ecotomografiche, senza dimenticare l’importanza di un’accurata indagine clinica. Secondo alcuni Autori  uno dei più importanti indici predittivi per ciò che concerne la durata del trattamento riabilitativo sarebbe rappresentato dalla distanza della lesione nei confronti della tuberosità ischiatica. Infatti, più craniale risulti la dislocazione della lesione, maggiore risulterebbe essere il periodo di recupero; per cui l’interessamento lesionale del tendine prossimale libero sarebbe associato a tempi di guarigione più lunghi. Un altro aspetto interessante dello studio di Askling e coll. (2006) è rappresentato dalla messa in evidenza del fatto che frequentemente si ritrovino lesioni associate del bicipite femorale e del semitendinoso, tanto è vero che gli Autori definiscono tale tipo di lesione con l’appellativo di “tandem injury”. Le lesioni agli hamstring avvengono a causa dell’interazione di numerosi fattori di rischio di tipo modificabile e non modificabile. I fattori di rischio immodificabili includono l’età anagrafica, pregressi traumi muscolari ai flessori e l’appartenenza al gruppo etnico Afro-Caraibico, mentre tra i fattori di rischio modificabili possiamo annoverare lo squilibrio muscolare tra la forza espressa dagli hamstring e quella prodotta dal quadricipite femorale, un insufficiente warm-up, un carico di lavoro globale eccessivamente elevato, un’insufficiente elongabilità muscolare, un’antiversione del bacino ed un insufficiente forza della muscolatura lombo-pelvica. Da un punto di vista epidemiologico, le lesioni agli hamstring – come d’altro canto tutte le lesioni muscolari possono essere classificate come “minori” – quando comportano una sola settimana di assenza dall’allenamento e dalla competizione – “moderate”-se impongono da una a tre settimane di assenza dall’allenamento e dalla competizione – e “maggiori” se obbligano a più di tre settimane di assenza dall’allenamento e dalla competizione.

Le lesioni degli hamstring nel calcio 

La lesione degli hamstring rappresenta, nell’ambito del calcio, l’infortunio muscolare di più frequente riscontro. Le lesioni indirette degli hamstring costituiscono circa il 17% di tutti gli incidenti ed una squadra-tipo composta da 25 giocatori deve attendersi in media 10 lesioni indirette agli hamstring per stagione. Più in generale le lesioni muscolari indirette rappresentano quasi 1/3 di tutte le “time-loss injury

[1] “  registrabili nel calcio professionistico maschile e ben il 92% di queste interessa i 4 principali gruppi muscolari dell’arto inferiore,  ossia il quadricipite, gli hamstring,  gli adduttori ed i polpacci. Per cui ritornando all’esempio precedente di una squadra-tipo composta da 25 giocatori ci si dovrebbero attendere circa 15 lesioni muscolari indirette per stagione ed approssimativamente 2 settimane di allenamento e competizione perse per ogni evento lesivo.  In termini di esposizione per 1000 ore di gioco l’incidenza delle lesioni indirette degli hamstring può essere quantificata in 0.87 – 0.96 / 1000 ore , già queste cifre ci fanno immediatamente comprendere come le lesioni dei flessori della coscia siano la fonte di una significativa assenza dei giocatori sia dall’allenamento, che dalle competizioni. Anche l’incidenza di recidive è drammaticamente alta essendo compresa tra un minimo del 12 ed un massimo del 63% in funzione dei diversi studi epidemiologici ritrovabili in letteratura. Inoltre, è interessante notare che le lesioni muscolari indirette tendono verificarsi maggiormente verso la fine dei due tempi del match.


[1] Infortunio per  cui si è costretti a saltare (almeno) un allenamento od una partita.